Achille Gaspardone
Ospedale San Eugenio - Roma
La pervietà del forame ovale (PFO) è una potenziale via attraverso la quale formazioni trombotiche formatesi nel circolo venoso o in situ possono embolizzare in modo paradosso nella circolazione arteriosa sistemica causando ischemia cerebrale.
La chiusura del PFO mediante dispositivi occludenti (i cosiddetti “ombrellini”), da circa 20 anni, si è dimostrata una tecnica sicura ed efficace con un basso rischio di complicazioni. Tale tecnica consiste nel posizionamento di un dispositivo metallico ai due lati del setto interatriale creando così una neo-parete a livello del setto interatriale. Con queste tecniche l’abolizione completa dello shunt destro-sinistro è ottenibile in circa il 95% dei casi con un rischio di complicanze maggiori nei centri ad alto volume inferiore all’1%. Il limite maggiore di tale tecnica, al di là delle complicanze periprocedurali e dell’efficacia funzionale, è la necessità di posizionare una endoprotesi, cioè un corpo estraneo, generalmente metallico, a volte anche di dimensioni rilevanti (fino a 35-40 mm), all’interno del cuore con rischio potenziale di malposizionamento ed embolizzazione del dispositivo stesso, alterazioni strutturali del setto interatriale e degli apparati valvolari, difficoltà di ri-attraversamento del setto interatriale per la presenza di una struttura metallica rigida, sviluppo di aritmie, endocardite con necessità di una profilassi antibiotica, necessità di una doppia terapia anti-aggregante per 3-12 mesi e potenziale rischio di allergia al materiale endoprotesico (nickel).
Recentemente la procedura di chiusura del PFO è stata completamente rivoluzionata dall’introduzione di una tecnica innovativa mediante sutura diretta con un filo chirurgico del septum secundum e del septum primum a cuore battente (NobleStitch). Si tratta in pratica di un ago e di un filo che vengono fatti passare nel septum secundum, nel septum primum e successivamente legati unendo così i due setti. Sotto controllo fluoroscopico, un filo di sutura viene passato, mediante un ago manovrato dall’esterno, nel septum secundum e nel septum primum ed i due setti avvicinati e legati tra di loro chiudendo così l’apertura del forame. Tale tecnica è stata applicata con successo e senza complicanze in circa 150 pazienti (dei quali un terzo in Italia) facenti parte a un registro europeo. I vantaggi di tale tecnica rivoluzionaria sono evidenti: 1. Non c’è più la necessità di lasciare nel cuore un dispositivo metallico; 2. Non c’è più la necessità di una terapia anti-aggregante; 3. Riduzione del rischio aritmico per assenza di ingombro; 4. Ridotto rischio di endocardite; 5. Assenza di allergeni (nickel, farmaci, etc); 6. Integrità del setto interatriale che può essere agevolmente riattraversato per eventuali altre procedure interventistiche (ablazione, valvuloplastica, chiusura dell’auricola, etc); 7. Assenza di rischio di embolie gassose sistemiche durante la procedura (la procedura infatti non necessità di posizionare cateteri in atrio sinistro); 8. In caso di impossibilità di chiusura del PFO mediante sutura, possibilità di convertire facilmente la procedura alla tecnica tradizionale mediante endoprotesi; 9. Possibilità di eseguire la procedura sotto controllo fluoroscopico senza monitoraggio ecocardiografico transesofageo e quindi solamente in anestesia locale senza necessità di una sedazione generale con supporto anestesiologico; 10. Possibilità di ripetere la procedura più volte senza ledere il setto interatriale.
I dati preliminari del registro europeo, recentemente presentati a un congresso internazionale a Washington, indicano che tale tecnica è fattibile in più del 80% dei casi con un buona prevalenza di chiusura del PFO che è pressochè immediata in assenza di complicanze periprocedurali. Come tutte le innovazioni tecnologiche nelle loro fasi iniziali, tale tecnica presuppone una curva di apprendimento che appare temporalmente superiore alla tecnica tradizionale in quanto più complessa da un punto di vista interventistico. Questo aspetto può causare un prolungamento dei tempi procedurali con una maggiore esposizione radiologica ed un utilizzo superiore di mezzo di contrasto rispetto alla tecnica tradizionale. Inoltre il sistema, pur nella sua ingegnosità, è suscettibile di significativi miglioramenti per renderlo più affidabile, di calibro inferiore e di più semplice uso. Tuttavia, malgrado queste limitazioni tecniche e procedurali, l’idea di poter chiudere a distanza mediante un semplice filo chirurgico un buco dentro il cuore battente senza lasciare alcun dispositivo al suo interno, costituisce un modo assolutamente rivoluzionario di approcciare la problematica del PFO e, probabilmente nel prossimo futuro, anche di altre patologie cardiache.